Un tentativo al Marguareis

comitato scientifico sezionale

Ecco un nuovo racconto che ci parla di montagna, di tempi andati, di neve e di dispendiosi imprevisti.

In questo testo l’Amico Cresta ricorda quando, con il compagno di sempre Giorgio -come lui socio del Cai Sampierdarena- parte da Genova per salire sul Marguareis passando per il Canale dei Genovesi.

Siamo nel 1957, precisamente nel weekend dei Santi: lo zaino è pronto e la prima meta è il Rifugio Garelli.

Lì i nostri amici arrivano però sotto l’acqua: “Arriviamo infine al Garelli e, avviata subito la stufa, mettiamo ad asciugare calze e pantaloni sullo stendipanni a raggiera del tubo della stufa. La legna in rifugio non è molta perciò, Giorgio in mutande ed io in pantaloni corti (che ho sempre nel sacco), usciamo per prelevarne altra dalla vicina legnaia ed abbiamo una sorpresa … mischiato alla pioggia vediamo volteggiare pesantemente qualche fiocco di neve”.

Renato e Giorgio cucinano una minestra e ricordano di quella volta che …gustatevi l’aneddoto 😉

Il lume di candela ricorda poi i non lontani anni della guerra, quando mancava la corrente e si sentivano i rumori delle bombe e degli allarmi…incubi ancora attuali purtroppo in troppe terre martoriate nell’indifferenza ruffiana del mondo.

Per far asciugare la corda bagnata il genovese di Macugnaga e il suo socio pensano bene di tensionare una corda fissa in rifugio e combinano un costoso guaio. Poi, il mattino dopo li aspetta una discesa innevata.

“In silenzio ci alterniamo a pestare la neve ma è proprio il silenzio che esalta il rumoreggiare delle scariche di neve che provengono dalla nostra sinistra, dalla ripida parete nord del Marguareis, quella che volevamo risalire. È un risuonare di colpi improvvisi seguiti da uno scrosciare interminabile. Sono rumori violenti, ma non ci fanno paura perché sappiamo che si scaricano nel vallone del Marguareis, mentre la via che percorriamo si sviluppa sulla dorsale boscata del Gias Soprano di Sestrera. Non sono indizio di pericolo diretto, ma ci avvertono di cosa potremo incontrare quando lasceremo questa zona sicura e dovremo attraversare lo sbocco del Vallone della Valanga dei Frati, prima della Certosa: il nome del vallone dice tutto”.

Consapevolezza e toponomastica, saggezza e senso del limite.

Poi la restituzione delle chiavi del rifugio, il ripagamento del danno, il ritorno in treno a Genova con la tristezza nel cuore e nel cielo e il pensiero al giorno dei morti:

È quell’ora in cui il Sole se n’è già andato ma le lampade stradali non riescono ancora ad illuminare la città e, proprio come noi, questa ha un’aria grigia e triste. Già: questa è la sera del Giorno dei Morti”. 

Buona lettura Amiche ed Amici: e buona Montagna!

Francesca Fabbri

 

 

Condividi questo articolo