Ecco un nuovo articolo del professor Enrico Martini, il noto scienziato naturalista genovese e primo “divulgatore” tramite conferenze al pubblico e anche “sul campo” (sia al pubblico che soprattutto ai suoi studenti).
Oggi parliamo di geologia e geomorfologia, placche, scontri tra placche, movimento a compasso che ha generato gli Appennini e ha comportato lo sviluppo delle Alpi Centrali (già nate) e anche di grandi liberazioni di energia. Le placche, anche se non ce ne accorgiamo, continuano a muoversi: piano piano e costantemente. E questa è la ragione dei terremoti che periodicamente accadono e ci ricordano, a noi smemorati e distratti in altre faccende affacendati, le origini del territorio sul quale viviamo.
Avete mai sentito parlare dei vulcani Magnaghi, Vavilov e Marsili, che misurano rispettivamente 30 x 15 km, 30 x 17 km e 70 x 30 km? In tv non ne fanno menzione eppure testardamente esistono ugualmente. Anzi non solo esistono ma proprio non sono estinti: sono quiescenti (cioè sono in una lunga fase di “riposo”).
La scienza dovrebbe servire non solo “per seguir..canoscenza” come scriveva il sommo Poeta Dante ma anche, attraverso le conoscenze, a ridurre i rischi ai quali ci sottoponiamo e cioè, in poche parole, a “vivere meglio”.
Tuttavia questa conoscenza concernente la storia e la geologia del nostro Paese non pare preoccupare chi pontifica costruzioni proprio lì di “un ponte lungo più di 3,5 km, con un’unica campata di 3300 metri, largo 60 metri, con sei corsie stradali e due binari ferroviari, sorretto da 2 torri alte 400 metri destinato ad ospitare due binari ferroviari (!), lungo una zona con 18 faglie attive, 4 delle quali sotto le due torri, con l’Africa che spinge verso nord”
Buona lettura!
Francesca Fabbri
GEOGRAFIA ATTUALE: UNA “MACCHINA DEL TEMPO”?
La crosta terrestre è stata divisa in una ventina di enormi aree, chiamate “placche” o “zolle”, che non corrispondono ai continenti: questi vi “galleggiano” come un iceberg galleggia sul mare. Le placche si muovono, in genere di pochi millimetri o centimetri ogni anno; perché si spostino potremmo approfondirlo in seguito. Sono state distinte anche decine di microplacche o microzolle che, pure loro, entrano in gioco con i loro spostamenti.
Da Cortesogno L., Palenzona A, 1986. “Le nostre rocce”. SAGEP Editrice
Questo schema è impreciso: non vi è traccia della “microzolla Adriatica” il cui attivismo ci riguarda molto da vicino.
Esaminiamo la foto ripresa da un satellite (purtroppo non ho più rinvenuto la fonte di questa immagine, che mi è stata regalata su un foglio Uni A 4 molti anni fa in un Congresso tenutosi a Roma. Non ne conosco il proprietario: mi scuso per l’averla inserita).
Questa foto, fondamentale per capire, permette di porci alcune domande.
1) Le isole Baleari (a est della Spagna) sono sempre state lì dove ora le rinveniamo?
2) L’insieme Corsica/Sardegna è sempre stato dove ora si trova?
Circa 30 milioni di anni fa si formò, nella crosta terrestre, in corrispondenza dell’insieme Piemonte/Liguria attuale, una specie di gorgo che obbligò le masse rocciose superficiali a compiere un movimento rotatorio in senso contrario alle lancette dell’orologio. Ed ora proseguiamo con le domande, sempre tenendo presente la foto iniziale.
3) Perché le Alpi, messe in movimento dal gorgo, a ovest si aprono a ventaglio ma poi, poco ad est del lago di Garda, si restringono? Non potevano continuare ad allargarsi e terminare a metà dell’Adriatico?
4) I Carpazi (a destra in alto nella foto) hanno sempre avuto la forma di un orecchio umano un po’ coricato?
Ora le spiegazioni (tenete presente la foto che segue).
1) Per effetto del gorgo le Baleari si staccarono dalla Spagna e migrarono verso sud-est.
2) L’insieme Sardo-Corso si staccò dalla Francia meridionale e migrò verso sud-est.
3) Le masse rocciose che sarebbero diventate le Alpi Occidentali salirono in alto e assunsero una forma ad arco.
4) Si svilupparono le Alpi Centrali che avevano già cominciato a “prendere l’ascensore” circa 20 milioni di anni prima, quando l’Africa iniziò a premere contro l’Europa di allora (questo movimento dell’Africa provocò la compressione di un antico Mediterraneo che andava da Croazia e Slovenia a Tunisia e Algeria, la “Tétide Ligure”).
5) I resti del fondo marino di questo antico Mediterraneo, spostati verso est dal gorgo, vennero in superficie e formarono la penisola italiana.
Se non vi fossero state altre presenze massicce e invadenti, le Alpi avrebbero concluso il loro movimento a ventaglio, andando a confinare con la penisola italiana a livello di Marche e Abruzzo. In effetti ad est, era presente una propaggine dell’Africa, dura e pesante, la microzolla Adriatica (o “Apulia”), che, allargandosi, tendeva a spostarsi verso nord/nord-est e verso ovest (e ancora oggi si muove lungo queste direttrici).
La microzolla Adriatica si insinuò sotto la penisola italiana e la frizione provoca tuttora tensioni e lacerazioni che originano terremoti lungo la catena appenninica (e in parte della Val Padana). La stessa microzolla, a nord-est, causò l’inarcamento di una porzione di costa dell’antica Europa (in precedenza più o meno rettilinea) e si generarono i Carpazi.
Osservate la figura seguente. Non ho certo la pretesa che consideriate preciso l’abbozzo di schema che vi presento: serve solo a dare un’idea di quello che accade nelle viscere di questa porzione dell’Europa meridionale.
Spero che le frecce riportate sulla foto rendano l’idea di quanto è successo e tuttora sta avvenendo. Come dicevo, i confini della microzolla Adriatica sono mal definiti ma a noi importa poco sapere dove sia giunta esattamente nel suo movimento sotto la penisola italiana: importa capire che questi spostamenti possono provocare terremoti.
Un’ultima osservazione: avete notato come il fondo del Mar Tirreno, come quello dell’Egeo, appaiano “bitorzoluti”? Ebbene, ogni “bitorzolo” corrisponde ad un vulcano. In effetti la zolla africana, più pesante di quella euroasiatica, sta scivolando sotto quest’ultima con un movimento, la “subduzione”, che è presente in molte parti del mondo: si generano attriti spaventosi, le rocce fondono e si ottengono dei magmi che salgono, sempre sospinti, nel nostro caso, dal moto della zolla africana, generando decine di vulcani, tre dei quali, Magnaghi, Vavilov e Marsili, giganteschi, a forma ellittica, misurano rispettivamente 30 x 15 km, 30 x 17, addirittura 70 x 30. Per fortuna la cuspide più alta (Marsili) si trova ancora quasi 500 metri sotto il livello del mare. Non sono estinti, sono quiescenti. Mi domando: qualcuno spiegherà ai nostri politici che si dovrebbe costruire un ponte lungo più di 3,5 km, con un’unica campata di 3300 metri, largo 60 metri, con sei corsie stradali e due binari ferroviari (rigidi!), sorretto da 2 torri alte 400 metri, in una zona con 18 faglie attive, 4 delle quali sotto le due torri, con l’Africa che spinge verso nord? L’immagine finale è tratta da Bosellini A, 1996. Geologia delle Dolomiti. Ed. Athesia.