Con grande piacere pubblichiamo un articolo del Professor Enrico Martini, che ci fa il doppio onore di
essere Socio della nostra Sezione e prestigioso membro del nostro Comitato Scientifico Sezionale.
Corredato da bellissime foto dell’autore, questo articolo ci racconta del Monte Pizzoc, della tempesta Vaia,
dei Colli Euganei, dei Monti Lessini, delle Dolomiti che si spostano verso sud, dei terremoti “dovuti al fatto
che l’Apulia preme e si estende progressivamente sotto le rocce che formano la parte orientale dell’Italia”.
Con la sua consueta abilità divulgativa il professor Martini ci spiega come la compresenza di rocce silicee,
dolomitiche e calcaree si ripercuota su flora e fauna, “rendendo le Dolomiti ricchissime di forme
specializzate di vita vegetale e animale”.
Buona lettura e … Ti aspettiamo a Genova professore!
Francesca Fabbri
MONTE PIZZOC: CHE PANORAMA!
Una vetta posta quasi al limite nord della provincia di Treviso: dall’alto dei suoi 1565 metri, il Pizzoc incombe su Vittorio Veneto e su un vasto territorio adiacente. Sfruttando l’utilissimo Atlante stradale e turistico “Italia Nord” del Touring Club Italiano, possiamo idealmente partire da Vittorio Veneto e salire verso il Bosco del Cansiglio lungo una strada asfaltata, la provinciale 422. Superata una piccola sella, poco dopo la località “La Crosetta” giriamo a sinistra e saliamo su per una stradina asfaltata che raggiunge la vetta del Pizzoc.
Sia la provinciale 422 sia la stradina asfaltata per il Pizzoc attraversano una delle più belle faggete d’Italia: chilometri e chilometri quadrati di faggi colonnari!
Finita la faggeta, si continua a salire, tra i prati: il panorama diventa sempre più ampio: a sud la pianura, immersa nella foschia, sullo sfondo la laguna veneta con il mare incendiato dal sole.
Presso la sommità del Pizzoc, nella buona stagione il Rifugio Città di Vittorio Veneto è pronto all’accoglienza. Si tratta di un vecchio edificio nato al servizio di una cava da molto tempo dismessa, utilizzato in seguito per esigenze militari, adibito infine a luogo di accoglienza, al servizio di un posto fantastico.
Il belvedere sopra il rifugio offre all’ammirazione dell’escursionista un panorama amplissimo.
Verso nord a sinistra il Monte Civetta, 3220 metri, a destra il Pelmo, 3168 metri.
Merita proseguire a piedi percorrendo una breve stradina non asfaltata, praticamente in piano: giunti al termine, sul bordo di un poggio, si apre un panorama che, verso sud-ovest e ovest, oltre a farsi apprezzare per la sua bellezza, invia numerosi messaggi silenziosi che meritano di essere decodificati e svelati.
Nel bosco misto di abeti di rimboschimento e faggi, un danno provocato dalla tempesta Vaia, abbattutasi, anche su queste zone, tra il 26 e il 30 ottobre 2018, con venti di libeccio che soffiarono anche a più di 200 chilometri l’ora.
Dalla vetta del poggio ecco il panorama che si offre ai nostri occhi.
All’orizzonte, a sinistra, si vedono, nella foschia, i Colli Euganei, antichissimi vulcani che hanno smesso di eruttare oltre 32 milioni di anni fa; alla loro destra la dorsale, a crinale più o meno orizzontale, dei Colli Berici; infine, all’estrema destra, le propaggini meridionali dei Monti Lessini.
Lateralmente, a destra, più vicini a noi, i contrafforti meridionali della dorsale Monte Cesén (m 1570) – Col Visentin (m 1763): un’avanguardia delle Dolomiti, che si stanno lentissimamente spostando verso la pianura veneta (mentre le vette a nord della Val Pusteria tendono invece a muoversi verso il Centro-Europa; dove ora si trova la Val Pusteria, tra 40-50 milioni di anni si estenderà un braccio di mare).
Le Dolomiti, nel loro spostamento verso sud, creano una serie di “onde” parallele proprio come avviene se spostiamo una mano appoggiata su una tovaglia; la più avanzata di queste “onde” è la piccola dorsale del Montello, visibile prima dei Colli Euganei. Alla creazione di queste piccole valli parallele ha collaborato anche l’antico ghiacciaio del Piave, che, nella sua ultima massima espansione, verificatasi circa 20.000 anni fa, mandò lingue di ghiaccio verso ovest a formare piccole valli ad U, la prima delle quali ospita i due laghetti di Revine; il corpo maggiore del ghiacciaio sfociava nella pianura veneta passando dove ora sorge l’abitato di Vittorio Veneto.
Sul bordo sinistro della foto, in alto, si notano serie di collinette a decorso trasversale: fanno parte dell’anfiteatro morenico del ghiacciaio del Piave: sono arcuate perché il ghiacciaio, in pianura, si allargava a semicerchio. I ghiacciai tendono ad avere momenti di espansione e di ritiro; durante il ritiro depositano,
sul fondo della valle che hanno creato, i massi crollati in precedenza più a monte, portati in basso dai fiumi di ghiaccio; durante la successiva espansione, i ghiacciai facevano i “bulldozer” spingendo davanti a sé questi massi: così si sono creati gli anfiteatri morenici.
Noterete che le “onde” cui accennavo prima sono dentellate: presentano intagli trasversali che corrispondono a tante piccole vallette. Come mai? Gli esperti ci insegnano che una protuberanza dell’Africa (geologicamente parlando), decorre al centro sotto l’Adriatico, a est sotto parte della penisola balcanica, ad ovest sotto la costa italiana fino alla catena appenninica: gli studiosi la chiamano “Apulia” o “Microplacca adriatica”; i terremoti che si sviluppano in Friuli, Veneto, Marche e così via, sono dovuti al fatto che l’Apulia preme e si estende progressivamente sotto le rocce che formano la parte orientale dell’Italia (alla latitudine del Veneto verso Milano); il risultato è che le “onde” si sono fratturate pur conservando un andamento complessivamente rettilineo e parallelo tra loro.
Per delimitare (grossolanamente, e me ne scuso con voi) il perimetro della Microplacca adriatica, ho impiegato l’utilissimo Atlante geografico “Europa” del Touring Club Italiano.
Vi chiederete: chi ci garantisce che le Dolomiti si stanno davvero spostando verso sud? La prova migliore ce la fornisce la loro montagna più elevata, la Marmolada (Punta Penìa, 3342 m) che, vista dalla stazione terminale della funivia Malga Ciapela – Punta Rocca, ha proprio l’aspetto di un’onda, col versante verso il mare aperto (a destra, verso la Val Pusteria) meno ripido, e quello rivolto verso la spiaggia (a sinistra, verso la pianura veneta) più ripido perché incontra un maggiore attrito. Guardate l’immagine e vi convincerete (sullo sfondo, a destra, il Gruppo del Sassolungo, dietro di lui, all’orizzonte, il Gruppo dell’Ortles; sullo sfondo, a sinistra, le estreme propaggini meridionali del Gruppo dell’Adamello; Adamello e Presanella sono nascoste dalla sommità della Punta Penia).
In realtà diverse montagne, nel comprensorio delle Dolomiti, stanno copiando la forma della Marmolada. Vi mostro la Cima Rosetta, nel Gruppo delle Pale di San Martino, e il Piz de Guda, presso Malga Ciapela, a sud est della Marmolada.
Vetta di dolomia (carbonato doppio di calcio e magnesio) la prima; vetta di calcare (carbonato di calcio) la seconda (come la Marmolada). La compresenza di rocce silicee, dolomitiche e calcaree si ripercuote su flora e fauna, rendendo le Dolomiti ricchissime di forme specializzate di vita vegetale e animale.
Enrico Martini, membro del Comitato Scientifico della Sezione di Genova Sampierdarena del Club Alpino Italiano